Rum

Legato a quell’immagine sudamericana che rende tutto più caldo, avvolgente, passionale e appagante, il rum è il Compagno di molte serate riflessive, ma anche di tanti pomeriggi assolati divertenti e frizzanti,

Il Rum è evocativo di un mondo bellissimo e lontano, ma la prima cosa da sapere è che:

la canna da zucchero non è originaria dei Caraibi, ma della fascia equatoriale dell’Asia, identificabile con India e Filippine e la paternità del primo distillato con questa materia prima appartiene alle popolazioni di queste aree, che già nel primo millennio ne distillavano il succo per ottenere l’Arak.

Un’altra cosa molto importante da sapere sul rum è che i rum si dividono, prima ancora che per nazione, in base allo stile produttivo.
La discriminante fondamentale è la scelta della materia prima da distillare: i rum agricoli sono prodotti con succo di canna da zucchero vergine mentre i rum industriali utilizzano la melassa.

La scuola francese detentrice della tecnica “agricola” utilizza succo vergine di canna da zucchero: la parte nobile e più costosa che dona al rum delle caratteristiche uniche, al punto da essere riconosciuto come un prodotto AOC “l’italiana DOC”.
Una cosa interessante è che, nonostante la “nobiltà” della materia prima, i rum prodotti con canna da zucchero sono meno adatti all’invecchiamento e infatti è difficile trovare in commercio rum con 8 massimo 9 anni di invecchiamento.

Inglesi e Spagnoli invece preferiscono l’utilizzo della melassa come materia prima, questa scelta è stata dettata da motivi storici, ma non ci dilungheremo su questo punto.
La melassa può essere di diverse tipologie a secondo dell’estrazione dello zucchero che si decide per essa.
Il disciplinare del rum non obbliga a segnalare la tipologia produttiva del prodotto, lasciando la facoltà di decidere ai distillatori, se apporre o meno la dicitura agricolo o industriale.

E’ evidente che i produttori di “rum agricole” utilizzando una materia più nobile ed avendo un percepito di qualità superiore nei confronti del consumatore, decidano sempre di scriverlo, curiosamente sempre in lingua francese, anche se di scuola inglese.

Un’altra cosa molto interessante da sapere è che: Non si può chiamare rum, il distillato di canna da zucchero se non si procede ad un suo invecchiamento in legno.

Anche il rum bianco ha un invecchiamento in legno di 6 mesi, in botti di secondo passaggio che non hanno più elementi pigmentanti. In caso di eccessiva colorazione si procede ad una filtrazione con carboni attivi. L’invecchiamento spesso avviene in barili usati, spesso da distillerie di whisky o in botti che hanno subito una tostatura a fuoco, in modo che il legno rilasci i tipici sentori di vaniglia.

La tostatura più o meno marcata influenza in maniera netta e il colore e il carattere del rum, con sentori di spezie dolci e frutta secca.

Da notare che il distillato posto ad invecchiare non viene messo a “grado pieno” nelle botti per un breve periodo, come accade talvolta per la scuola europea di cognac e whisky, ma viene diluito con acqua per riportarlo ad una gradazione di 56 massimo 57 gradi, come l’americano bourbon. Nessuna distilleria mette il proprio distillato di 70, 80 gradi ad invecchiare nelle botti, per ragioni climatiche legate all’umidità e al calore dei luoghi di produzione.

L’invecchiamento non ha regole precise, non è disciplinato da norme regolamentate da disciplinari, pertanto le aziende utilizzano quasi sempre termini di fantasia per indicare il grado di elevazione del ron.

I prodotti di pronta beva sono refrigerati per stabilizzare il distillato e filtrati per precipitazione, sedimentazione o con filtri di varia natura, dal cartone alla plastica.

Questi rum semplici, poco profumati e con notevole spunto etereo, portano termini di fantasia come “Carta Blanca” , “Plata” e “Blanco”, ad indicare la trasparenza del prodotto.

Alcune volte compaiono, specie nelle produzioni di eccellenza gli anni di invecchiamento, tendenzialmente quando si superano i 7 anni di elevazione.
Questi prodotti di eccellenza frutto di una materia prima eccezionale e di distillazioni curate, sono imbottigliate singolarmente od utilizzate, in piccole quantità, per contribuire al bilanciamento dei blend.

Per gli invecchiamenti minori, frutto di blend di annate e prodotti, si usano termini come “Anejo”, “Especial” , “Reserva” e “Gran Reserva. La maggioranza delle riserve non superano gli otto anni di invecchiamento medi, con rare eccezioni, per le caratteristiche organolettiche proprie dei distillati utilizzati.

Le bottiglie di rum riserva ed anejo mediamente invecchiati sono il risultato di blend composti anche da 60 diversi tipi di rum, di svariate annate ed invecchiamenti.
Un altro sistema usato è quello della Solera, ovvero il metodo delle botti sovrapposte mutuato dai vini andalusi e dal brandy spagnolo.
Il sistema è ingegnoso e permette di avere un blend naturale delle acquaviti scolmando via via le botti sottostanti, e rimpiazzando con il liquido della nuova distillazione la fila di testa.
Il risultato è un prodotto al cui interno coesistono acquaviti di diversi invecchiamenti, tenendo conto che un metodo solera, pur dichiarando gli anni in etichetta, nella realtà al suo interno ne ha solo una percentuale. Il caso più significativo è quello di Zacapa che avendo in vendita un solera 23 anni scrive nel retro etichetta che la percentuale di acquavite con quella età è una percentuale minima del totale, ma comunque in grado di influenzare positivamente il risultato. Con gli anni infatti si dichiara l’età della criadera, ovvero quando ha avuto inizio il processo di colmatura delle botti.