PANIFICAZIONE

Tre ingredienti semplici:
farina, lievito e acqua.

Pane, Pizza, Schiacciata, Focaccia…

La panificazione si declina in mille gustosissimi modi partendo da tre semplici ingredienti: farina, lievito e acqua. Semplici, da sempre nelle nostre case, da sempre parte della nostra vita, ma perché con così poco possiamo fare cosi tanto? La chiave di tutto è la semplicità, più un prodotto è semplice, buono, economico e facilmente reperibile più questo si insinuerà nelle nostre vite scatenando lo studio, la conoscenza e la fantasia. Qui possiamo fare poco per lo studio e molto meno per la fantasia, ma qualcosa per la conoscenza possiamo sempre fare.

Non entreremo nello specifico chimico di questi ingredienti, sarebbe troppo lungo, ma cercheremo di dare qualche nozione utile per stimolare un po’ la fantasia e facilitare l’eventuale studio…

LA FARINA

L’ingrediente principale è sempre la Farina, che, in quanto star, deve essere eccellente. Visto che non vogliamo fare i conti in tasca a nessuno e che la qualità è difficile da reperire, ci limitiamo a dire che la lavorazione di una materia viva deve avere delle condizioni ottimali per esprimere la meglio il suo potenziale.  Fatta questa piccola premessa andiamo solo ad alzare un po’ il velo di mistero che sta intorno ad alcune caratteristiche, che molto spesso non riusciamo a capire.

La principale caratteristica della farina, che viene presa in considerazione nei processi di panificazione, è la forza. Indicata con la sigla W dipende dalla sua percentuale proteica. Ma perchè è così importante la quantità di proteine contenute nella farina?

Le principali proteine contenute nella farina sono la gliadina e la glutenina, che, a contatto con l’acqua e con l’aria inglobata mediante l’impastamento, si trasformano in glutine. Il glutine è il complesso proteico che costituisce la “struttura” dell’impasto: si tratta di una sorta di reticolo (infatti si parla anche di maglia glutinica) all’interno del quale vengono trattenuti i gas che si sprigionano durante la lievitazione. Quando il valore del W è elevato, le maglie del reticolo di glutine sono fitte e resistenti, sono farine che necessitano di più acqua nell’impasto e di tempi di lievitazione più lunghi, ma conferiscono al pane, una volta cotto, le caratteristiche bolle, ovvero l’alveolatura. Quando il W è basso la farina ha bisogno di poca acqua e lievita in fretta, solitamente sono farine adatte per fare dolci e biscotti, cioè per impasti friabili.

Fin qui tutto abbastanza semplice, ma cosa troviamo scritto sul sacchetto della farina? Molto spesso, molto poco, perché le farine normalmente in commercio si concentrano molto più sulla raffinazione del prodotto e poco sulla forza anche se questa è molto importante e determinante per il risultato finale.

Vediamo in breve dei parametri di riferimento per capire meglio cosa cercare:

  • Fino a W 170 (deboli): per biscotti, cialde e dolci friabili; anche per besciamella e per rapprendere salse.
  • Da W 180 a W 260 (medie): pane francese, panini all’olio, pizza, pasta: assorbono dal 55% al 65% del loro peso in acqua.
  • Da W 280 a W 350 (forti): pane classico, pizza, pasta all’uovo, pasticceria a lunga lievitazione: babà, brioche. Assorbono dal 65% al 75% del loro peso in acqua.
  • Oltre i W 350: in genere fatte con particolari tipi di grano, vengono usate per “rinforzare” farine più deboli, mescolandovele, oppure per prodotti particolari. Possono assorbire fino al 100% del loro peso in acqua (ad es. farina manitoba).

Poco, semplice e sbrigativo, ma almeno è un po’ più chiaro il ruolo del glutine che la fa da padrone nella scelta della raffinazione che è il nostro normale parametro di riferimento.

LA FARINA INTEGRALE

Quando il chicco viene macinato intero si ottiene la farina integrale, che ha un tasso di estrazione del 100%, quindi questo valore è indice di quanto la farina è setacciata (o raffinata).

Secondo la legge italiana le farine sono classificate in:

  • Farina tipo “00” con grado di estrazione del 50%
  • Farina tipo “0” con grado di estrazione del 72%
  • Farina tipo “1” con grado di estrazione dell’80%
  • Farina tipo “2” con grado di estrazione dell’85%
  • farina integrale che ha subito solo il processo di molitura

Le farine più raffinate tipo la “00” e la “0” sono più ricche di amido, quindi favoriscono la riproduzione dei lieviti e lo sviluppo del glutine, contengono però meno vitamine, fibre e proteine.

A questo punto non siete dei fornai, ma almeno se volete fare dei biscotti, del pane o della pizza potete divertirvi a cercare il tipo di farina più idoneo alle vostre ricette.

Tutto qui? Ovviamente no, se la farina è il nutrimento del nostro impasto chi mangia il nostro amido?

IL LIEVITO

Il lievito! Altra parte fondamentale, che se messa nelle giuste condizioni può determinare la riuscita del nostro impasto o anche la sua totale dipartita.

Il lievito sappiamo tutti che un insieme di microrganismi che si nutrono dello zucchero presente nei nostri composti, per restituire anidride carbonica e alcol etilico. Fin qui tutto regolare, se non fosse che, tanto per dirne una la temperatura a cui esponiamo i nostri lieviti è fondamentale per farli lavorare o meno ( tra i 30° e 37° dovreste ottenere un buon lavoro), ma non solo la temperatura è fondamentale, lo è anche il tempo e la scelta del tipo di lievitazione che vogliamo utilizzare.

I tipi di lievitazione sono sostanzialmente tre:

Diretto, Semidiretto, Indiretto.

È abbastanza facile da capire, ma vediamo meglio di cosa stiamo parlando.

METODO DIRETTO

Si parla di lievitazione diretta quando si impastano tutti gli ingredienti insieme e i tempi di lievitazione variano dall’una alle sette ore.
Il metodo diretto prevede la possibilità di utilizzare, a scelta, due tipi di lievito:

Il lievito di birra

Presenta un’elevata percentuale di vitamine del gruppo B, inoltre la presenza dei fermenti produce benefici a livello intestinale, ripristinando la normale flora microbica.

Il lievito chimico

Con il lievito chimico la lievitazione non avviene a causa della fermentazione da parte di microrganismi, bensì la produzione di anidride carbonica, responsabile del processo, è dovuta all’utilizzo di specifici agenti lievitanti di natura chimica.

METODO SEMIDIRETTO

Questo metodo, utilizzato principalmente per la preparazione della pizza, prevede l’utilizzo della “pasta da riporto” o “criscito” che rappresenta un impasto di acqua, farina e lievito di birra preparato in precedenza e riutilizzato come componente di una nuova preparazione. Questa pasta va a costituire il 10-20% della preparazione totale, percentuale che varia in base alla temperatura, ad esempio generalmente in estate si utilizza il 10%, mentre in inverno il 20%.

METODO INDIRETTO

Si parla di lievitazione indiretta quando l’impasto viene preparato, lasciato riposare e successivamente viene terminata la preparazione con aggiunta di altri ingredienti e conseguente cottura del prodotto. Il metodo indiretto sfrutta a scelta:

  • il lievito madre
  • la biga;
  • il poolish.

Il lievito madre

Questo tipo di lievito, conosciuto anche con il nome di lievito naturale o pasta madre, costituisce un’antica preparazione utilizzata nella lievitazione di pane e pizza. È rappresentato da un impasto costituito da acqua e farina, lasciato riposare un paio di settimane, periodo che permette all’impasto di lievitare grazie all’azione di microrganismi:

Anticamente era l’unico lievito utilizzato per la panificazione, in epoca più recente è stato sempre più sostituito dal lievito di birra e solo negli ultimi anni c’è stata una sua riscoperta, poichè questo tipo di lievitazione presenta numerosi benefici. I principali sono:

  • maggiore digeribilità dell’alimento;
  • assenza di additivi e conservanti;
  • maggiore durata di conservazione.

La biga

Questo tipo di lievitazione prevede la preparazione di un preimpasto costituito da farina, acqua e lievito in piccola dose, che risulta piuttosto asciutto e che viene fatto riposare dalle 16 alle 48 ore. In genere si prepara il giorno precedente. Per questo preimpasto si utilizza circa il 30-40% della farina totale prevista dalla ricetta.

Il poolish

Questo metodo di lievitazione ha le sue origini in Polonia. A differenza della biga, che ha una consistenza asciutta, il poolish è un impasto semiliquido composto da farina e acqua nelle stesse quantità, da lievito in piccola percentuale e rappresenta circa il 30% della ricetta totale. Il poolish può essere utilizzato quando il suo volume risulta doppio rispetto al volume iniziale, generalmente dopo qualche ora.

A questo punto abbiamo scelto la nostra farina, la nostra forma di lievitazione e quindi possiamo iniziare a fare l’impasto? Ancora no.

L’ACQUA

Va bene tutta? Non proprio….

Grazie all’acqua, gli amidi della farina si gonfiano e le proteine si riattivano.

La qualità dell’acqua è importante, fondamentale se si usa il lievito madre; nella panificazione si dovrebbe utilizzare un’acqua assolutamente priva di cloro, non troppo dura e povera di sali minerali. Per questo motivo andrebbe evitata l’acqua del rubinetto. Ottimale sarebbe l’utilizzo di acqua di fonte, ma se non avete la possibilità di trovarla utilizzate acqua minerale naturale del tipo oligominerale.

L’acqua svolge un ruolo fondamentale nello stabilizzare la temperatura dell’impasto che si attiverà o meno a seconda di quanta ne mettete e la qualità che scegliete di usare.

A questo punto siamo in grado di iniziare ad impastare per creare quello che più ci piace, stimolando la nostra creatività con infinite forme e ricette…..