Che bello festeggiare,
ma con quale bolla
Vino che mistero… già a questo punto molte persone vanno in difficoltà… e se parliamo di bolle? Ancora peggio!
La scelta, molto spesso, è dettata da varie credenze popolari, non molto giustificate, ma soprattutto dalla disponibilità del portafoglio. Anche su questo punto ci sarebbe molto da discutere, caro non vuol dire buono, famoso non vuol dire buono, comprare qualcosa che costa un prezzo giusto per le nostre tasche non è qualcosa di cui vergognarsi, tanto quanto sbocciare Champagne non vuol dire che sei automaticamente uno che ne capisce qualcosa.
Quindi che cosa comprare? Che cosa bere? Quando e perché? Troppe domande… troppo lunghe le risposte e troppo soggettive le esigenze, ma possiamo porre delle semplici basi per facilitare le scelte.
Partiamo da un punto fermo, inossidabile da centinaia di anni: le bollicine ci piacciono tanto!
Quindi vediamo brevemente un po’ di differenze fondamentali, giustifichiamo le varie fasce di prezzo e impariamo a bere quello che ci piace senza troppe cerimonie.
Tanto per iniziare a mettere dei punti fermi da cui orientarsi facciamo una affermazione inattaccabile: il vino nasce fermo, le bollicine sono opera di processi successivi alla realizzazione dello stesso.
Semplice? In apparenza si, ma già qui iniziamo ad avere delle distinzioni fondamentali, perché a seconda “del metodo” che scegliamo di bere, il vino base, ha una importanza fondamentale.
Quindi è una questione di metodo? È sempre una questione di metodo, ma qui non siamo a scuola e non ci piace “salire in cattedra”, perciò ci limitiamo a dire che il metodo fa la differenza e se conosci come si produce qualcosa, forse riuscirai a orientare meglio le tue decisioni.
Allora facciamolo:
come si producono le bollicine nel nostro bicchiere?
In tre modi:
Metodo Classico o Champenoise
Metodo Charmat o Martinotti
Metodo Charmat lungo
Pochi metodi, mille sfumature, perché?
Le risposte stanno in due componenti: il vino base e il metodo di produzione.
Nel metodo Charmat o Martinotti il vino base è più semplice, orientato su vitigni aromatici piuttosto che su vini complessi, come nel metodo classico. Già a questo punto iniziamo a capire che se il prodotto di partenza è più semplice, meno curato, ma più ruffiano e più vicino a gusti “eterogenei” ne potremo fare di più, farlo costare meno e venderlo a più persone.
Semplice? Nel concetto sì, ma visto che non lo facciamo noi, e che il sudore, il lavoro, la terra, la cantina, non sono nostre, tanto quanto non lo è il rischio di impresa, possiamo banalizzare dicendo che “i prodotti fatti in metodo Charmat sono più semplici e quindi meno costosi”.
Perché? E qui scendiamo un po’ sul tecnico, ma è fondamentale anche per scegliere quello che vogliamo.
Innanzitutto una precisazione: si chiama metodo Charmat e non Martinotti. Infatti anche se l’Italiano lo ha ideato nel 1895, il ragazzo non ha voluto sbrigare la parte burocratica, che il sig. Charmat ha completato una quindicina di anni dopo prendendo i meriti del brevetto e dando il nome al metodo produttivo.
Gli Italiani e la burocrazia, una battaglia che va avanti da secoli…
Metodo Italiano e nome francese, ma quando si parla di vino difficilmente ci spostiamo da queste due nazioni e dalle loro secolari scaramucce; l’importante è il risultato, che in questo caso si chiama Prosecco… più Italiano di cosi!
Dopo questa breve digressione campanilistica vediamo di cosa parliamo:
Come funziona
il procedimento
del metodo
Charmat o
Martinotti?
Si raccolgono le uve, generalmente con una vendemmia anticipata al fine di mantenere una buona acidità all’interno dell’acino.
- Si procede alla realizzazione del vino-base, effettuando la prima fermentazione.
- Il vino-base, una volta terminata la prima fermentazione, viene inserito in autoclave a temperatura controllata per una seconda fermentazione, chiamata “Presa di spuma”.
- Al termine della “presa di spuma” il prodotto viene refrigerato. Per permettere ai sedimenti di depositarsi sul fondo, ed essere rimossi.
- Si effettuano una serie di filtrazioni e travasi, tutti in ambiente isobarico per evitare la dispersione dell’anidride carbonica (le nostre bollicine)
- Si effettua l’ultimo dosaggio, cioè l’ultima aggiunta di vino e zucchero prima della tappatura,
- Si procede alla tappatura ed etichettatura.
- Il prodotto è subito pronto per la messa in commercio.
Semplice? Se lo devi solo comprare e bere si…
…e se parliamo di Charmat lungo cosa cambia?
Il metodo
Charmat lungo
è una via di mezzo tra il metodo classico e il metodo Charmat corto.
La durata della permanenza del vino con i lieviti è di 9-15 mesi, cosa che permette di ottenere un prodotto caratterizzato da un aroma di lieviti più accentuato e dal perlage più fine.
Questo metodo di spumantizzazione è stato messo a punto dall’enologo Nereo Cavazzani alla fine degli anni 1970. La durata non è l’unica differenza rispetto al più diffuso Charmat\Martinotti “classico”. Infatti all’interno dell’autoclave sono installati degli agitatori a elica che hanno il compito di rimettere in sospensione i sedimenti della fermentazione.
Questo favorisce una struttura del vino più importante e un profilo sensoriale più complesso, più simile a quelli degli spumanti prodotti con il metodo classico.
Interessante vero? A questo punto siamo già in grado di capire la differenza sia di gusto che di spesa per almeno due metodi di produzione su tre. Non male…
Il metodo Classico.
Per avere un quadro completo ci resta solo da affrontare il metodo più complesso, lungo e antico che conosciamo, Il metodo Classico appunto. In questo caso il nome giusto sarebbe metodo Champenois, qui la Francia è arrivata prima, anche se ritrovati storici tendono a dimostrare metodi di produzione già presenti in epoca etrusca, anche romana e una forte partecipazione italiana nella creazione della bottiglia (senza la quale si parlerebbe di tutt’altro), ma visto che in questo caso il campanilismo non ha molto senso, diamo per assunto che il metodo di produzione è da attribuire al Sig. Dom Perignon… vi suona familiare? A lui si deve la creazione dello Champagne, che può essere prodotto solo in Francia, in Italia prende il nome di metodo Classico, con dei grandissimi prodotti come il Trento DOC, Il Franciacorta e l’Altalanga, ma anche tanti prodotti creati fuori dai disciplinari che possiamo gustare spendendo cifre molto più contenute.
Qui il processo di produzione è molto lungo e complesso, ed il prezzo di per se è già un buon indicatore, ma che differenza c’è?
Come abbiamo visto il vino base è fondamentale, e nel caso dei metodi classici il vino base è curato per anni e studiato fino a quando si creano le famose cuvée, vere e proprie opere d’arte enologiche create da veri artisti.
Capaci di mettere insieme vini di annate molto distanti, i cantinieri, riescono a creare le cuvée grazie alla loro esperienza e cura dei prodotti, lasciati a maturare nelle botti per anni. Ci riuscireste? Siamo sicuri di no, qui servono dei veri fenomeni, e sono pochi nel mondo a saper fare questo lavoro degnamente.
Fatta la cuvée, e già qui si parla di diversi anni di lavoro, ci dobbiamo mettere le bolle, vediamo come:
- Si parte da una cuvée, ovvero da una miscela di vini differenti tra di loro, sia per tipologia che per annata (ad eccezione del caso in cui si stia parlando di uno spumante millesimato dove la cuvée presenterà una miscela di vini differenti, ma sempre della stessa annata).
- La cuvée prodotta viene imbottigliata immediatamente, aggiungendo zucchero
- Le bottiglie vengono posizionate in verticale per la seconda fermentazione dove ci resteranno per un periodo che va dai 12 ai 120 mesi.
- Terminata questa fase, le bottiglie vengono messe sulle “pupitre”, con il collo verso il basso, dove vengono ruotate di 1/8 di giro tutti i giorni. Questo processo di rotazione costante si chiama “remuage” un tempo veniva effettuato a mano. Lo scopo del remuage è quello di portare i lieviti sul collo della bottiglia, facendoli adagiare sul tappo a corona.
- Una volta che il collo della bottiglia si riempie di lieviti, questo viene congelato e si procede alla “sboccatura”, cioè la rimozione delle impurità attraverso un processo molto carino da vedere, ma assurdamente difficile da fare nel mondo moderno, immaginatevi prima dell’avvento dei liquidi congelanti.
- A questo punto, rimosse le impurità si rabbocca la bottiglia, inserendo all’interno il “Liqueur d’Expedition“, una soluzione che ogni produttore custodisce gelosamente, ma che è generalmente composta da vino e zucchero.
Si effettuata la tappatura e l’etichettatura.
In questo caso, la tappatura non sarà più con il tappo a corona, ma con il tappo a fungo che siamo abituati a vedere.
Semplice vero?
Quasi quasi da fare nel fine settimana in garage. Se non vi capacitate di quanto lavoro ci sia dietro una bottiglia di bollicine state iniziando a capire perché un Metodo classico goda di cosi tanto rispetto.
Adesso forse siamo in grado di decidere cosa bere o comprare, per le nostre occasioni speciali seguendo alcuni piccoli suggerimenti aggiuntivi:
Il Metodo Martinotti produce vini fruttati e aromatici, leggeri, ideali per l’aperitivo, ma difficili per un pasto intero a causa della dolcezza, che rischia di sbilanciare troppo l’accostamento con il cibo.
Con il Metodo Classico si ottengono vini più strutturati, caratterizzati da bollicine più fini e persistenti. Non solo: la lunga fase di riposo dona al vino il sentore di lieviti e un corpo più deciso. I vini così prodotti sono adatti a tutto pasto, e non soltanto per brindisi memorabili.